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Apprendere dall'esperienza: strategie per allenare il pensiero riflessivo

Apprendere dall'esperienza: strategie per allenare il pensiero riflessivo
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In un articolo precedente abbiamo toccato il tema della capacità riflessiva, della sua funzione fondamentale per apprendere dall’esperienza e delle condizioni a cui possiamo farla emergere. Sviluppare la competenza a riflettere è un processo costante, mai definitivo, che tuttavia si può allenare e che nel nostro modello di apprendimento esperienziale assume un valore particolarmente importante.

Come creiamo le condizioni per allenare il pensiero riflessivo e apprendere dall’esperienza?

Creare la necessità, l’abilità e l’opportunità per ripensare ed apprendere dall’esperienza sono le condizioni per allenare la capacità riflessiva (Knipfer et al, 2013) e sono anche il tratto caratteristico dell’apprendimento esperienziale (Kolb, 1984). 

Se guardiamo alla nostra esperienza di facilitatori dell’apprendimento con le persone e con i team, dopo ogni esperienza non può mancare uno spazio per ripensarla, risignificarla e utilizzarla per generare consapevolezza e cambiamento. E questo capita sempre, sia che lavoriamo con giovani talentimanager di nuova nomina o leader esperti, sia che facilitiamo team eterogenei o team reali.

Stimoliamo la necessità di riflettere. 

Durante le nostre attività esperienziali, indoor or outdoor, le persone provano, falliscono e riprovano, in contesti protetti ma anche sfidanti; nei momenti di team coaching e di condivisione di esperienze passate, magari critiche, diamo struttura affinché siano esplicitate le premesse che le hanno generate; in tutte le attivazioni che proponiamo valorizziamo il senso delle emozioni di frustrazione e confusione che sono uno stimolo a ripensare all’esperienza vissuta. 

Quando definiamo le nostre attivazioni dei “safe labs for mistakes” (laboratori sicuri per gli errori) è perché diamo valore alla sperimentazioneagli errori che inevitabilmente si presentano, ma anche ad un contesto sicuro, in grado di farli emergere e valorizzarne il potenziale di apprendimento.

Alleniamo l’abilità di riflettere. 

Uno degli strumenti più potenti per allenare la capacità riflessiva è il fare e farsi domande: se i quesiti che poniamo aprono allo scambio, mettono in discussione, ci connettono alle emozioni provate, provocano disorientamento e ma suscitano anche riorientamento verso soluzioni più creative e sostenibili allora sono domande potenti, in grado di allenare l’abilità a ripensare l’esperienza. 

Le domande che fanno la differenza non riguardano solo ciò che è andato male (perché questo incidente? Per responsabilità di chi?) ma volgono lo sguardo al senso che un errore prende in un determinato momento dell’azione di un teamalle risorse e agli apprendimenti, ai vissuti rispetto agli eventi, ai processi del team, alle alternative che si aprono se si pensa al futuro. 

Alcuni esempi di queste domande:

  • Che significato ha questo errore è proprio adesso? Quali convinzioni dobbiamo lasciare andare e quali possiamo acquisire?
  • Cosa abbiamo fatto davvero bene, cosa abbiamo imparato, cosa potevamo fare diversamente e cosa abbiamo bisogno di imparare?
  • Come ci siamo sentiti? Come vorremmo sentirci? 
  • Quali sono le domande chiave per noi come gruppo, come funzione, come organizzazione? Perché questi apprendimenti sono davvero rilevanti per noi?
  • Quali nuovi pensieri stanno emergendo? Come gli apprendimenti ci aiuteranno nel futuro? 

 

Creiamo l’opportunità di riflettere. 

La riflessione non emerge se non si smette di fare. Per dare modo alla riflessione di emergere è fondamentale il ruolo degli spazi “vuoti”

Quando gestiamo momenti formativi o di dialogo organizzativo, stiamo attenti a creare e salvaguardare il tempo per questi vuoti generativi, che sono in realtà molto pieni: di scambi di esperienze, di rispecchiamenti emotivi, talvolta di silenzi, di identificazioni e divergenze. 

Questi momenti sono preziosi ma hanno bisogno di tempo per essere apprezzati. 

Nella nostra esperienza, ci capita di avere gruppi che si immergono immediatamente nello scambio di riflessioni e gruppi più silenti, in cui una facilitazione esperta può fare la differenza. 

In ogni caso, osserviamo spesso come la qualità della riflessione cambi con il tempo e con le reiterazioni. 

Dare e darsi modo di ripetere e alternare momenti di confronto a momenti di azione permette alle persone di prender confidenza e sentirsi a proprio agio nello spazio riflessivo.

Quali spunti concreti dalla nostra esperienza di facilitatori di processi di cambiamento?

Sia che guidiamo interventi di persona sia che li gestiamo in remoto, stiamo attenti a:

  1. Prevedere del tempo da dedicare alla riflessione: nell’arco dell’incontro, della giornata, dell’intervento è importante dedicare un tempo all’elaborazione, individuale e collettiva, delle esperienze che si fanno o che si portano, e a ripetere questi momenti in maniera iterativa
  2. Creare opportunità di auto ed etero osservazione dell’esperienza: che sia esperienza vissuta nel momento o raccontata, è utile fare domande e dare strumenti di osservazione, di revisione, di analisi che permettano di prendere le distanze dall’evento e trasformarlo in apprendimento
  3. Non temere i fallimenti: le emozioni come la frustrazione, il dispiacere, la sorpresa davanti di fallimenti sono spunti preziosissimi per avviare il processo riflessivo. Nei contesti formativi troviamo lo spazio elettivo per dare un senso diverso agli errori e usarli per ripensare strategie d’azione future
  4. Avere il coraggio di creare vuoti e tollerare il silenzio: essere consapevoli che dopo ogni domanda profonda c’è la necessità di pensare alla risposta, che la riflessione necessità di introspezione, che il silenzio, quando non è evitante, è un’esperienza di grande connessione con gli altri e un indicatore positivo che ci si sta dando lo spazio per pensare
  5. Alternare le modalità con cui si riflette sull’esperienza: il setting individuale permette un affondo sulla propria storia e un dialogo interno senza (troppi) filtri, la riflessione di gruppo permette di mettere a fattor comune, rivedere, mettere in discussione, la riflessione al livello organizzativo ha bisogno di tempi e contesti differenziati ma è ciò che permette veramente ai comportamenti quotidiani e ai processi di trovare forme più adattive e sostenibili. Alternare queste modalità permette di alimentare la riflessione con elementi sempre nuovi e arricchenti.

Quando lavoriamo teniamo conto di tutte queste variabili, ed il nostro modello esperienziale continua ad essere per noi un punto di riferimento essenziale, che non riempie di contenuti ma crea la necessità, l’abilità e l’opportunità di riflettere sulle diverse esperienze della vita organizzativa in modo generativo e realmente orientato al cambiamento. 

Scopri di più sul nostro modello esperienziale qui.

 

Chiara Fregonese è PhD, Senior consultant e facilitator in Impact Italia. Puoi metterti in contatto con lei qui.