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Sustainable Development Goals: sfide e opportunità per le aziende.

Sostenibilità Impact
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A metà Settembre si è tenuto il summit delle Nazioni Unite a New York dedicato al delicato tema dell’adozione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

Dal quadro di analisi generale tratteggiato durante i lavori del summit è evidente un progressivo rallentamento nell’adozione globale degli Obiettivi dell’Agenda 2030. A pesare sul raggiungimento di obiettivi e risultati stabiliti dal framework dei 17 “goals” delle Nazioni Unite è soprattutto il contesto internazionale ma anche un progressivo “raffreddamento” del senso di urgenza provocato dalla lenta ripresa da quello che possiamo identificare come il “biennio di pandemia” che ha colpito quasi tutti i paesi a livello globale anche se in diversa misura. In sintesi, molti obiettivi indicati come prioritari dalle Nazioni Unite stanno ricevendo, e riceveranno anche in futuro, minore attenzione a livello internazionale. Tutto questo si traduce di fatto in una pericolosa tendenza che, se confermata nei prossimi anni, potrebbe minacciare il traguardo stabilito dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Un traguardo ritenuto fondamentale per portare l’economia globale verso un maggiore equilibrio e per onorare l’impegno preso a fronte della sottoscrizione del Patto per l’Agenda 2030.

Questo impegno comune pone economie e governi di molti paesi di fronte ad un dilemma di non semplice soluzione, poiché richiede di fatto di bilanciare esigenze presenti con un oculato e attento sguardo al futuro e in particolare alle “future generazioni”. Ad oggi la tendenza sembra essere invece quella di dare grande rilevanza ai bisogno delle attuali generazioni con poche e quasi nulle riflessioni sugli impatti a lungo termine di determinate scelte.

Il messaggio che meglio rappresenta il senso dell’impegno preso dalle Nazioni Unite tramite la condivisione degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile è di fatto sintetizzabile in un’unica potente frase: "Answering to the needs of present generation without compromising the needs of the future generations". Governi e Istituzioni Internazionali dovrebbero quindi impegnarsi a fondo per raggiungere questo obiettivo di natura strategica, tramite l’adozione progressiva e crescente di tutti i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile o di una buona parte di essi. Complessivamente gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono suddivisibili in 3 grandi categorie: obiettivi di natura socialeeconomicaambientale. Queste tre categorie sono a loro volta articolate in obiettivi di dettaglio che sono tra di loro intimamente connessi e correlati. Generalmente rappresentati in maniera “statica” come una lista di obiettivi e azioni da intraprendere, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili possono avere in realtà una grande valenza strategica, non solo per Stati, Istituzioni Internazionali e Governative ma anche per leaders, managers e aziende. Se l’analisi che emerge dal Summit delle Nazioni Uniti è principalmente rivolta alla stesse Nazioni che hanno sottoscritto il Patto per l’Agenda 2030, è innegabile che molti dei 17 obiettivi di Sviluppo non possano essere raggiunti senza un’adeguata cooperazione sinergica tra Governi ed enti privati, NGOs e Aziende

Dal nostro punto di vista infatti le aziende possono giocare un ruolo decisivo nel supportare la progressiva adozione e realizzazione degli Obiettivi dell’Agenda 2030. In qualche modo questo “rallentamento” dell’azione globale verso la realizzazione dell’Agenda 2030, apre spazi di sfida e opportunità per le aziende di ogni settore e dimensione. Guardando la questione da una prospettiva ancora più ampia, la grande “transizione” verso sistemi di produzione e consumo sostenibili, dal punto di vista ambientale e sociale, richiede oggi uno sforzo ulteriore aprendo però al contempo spazi di innovazione e crescita. In questo contesto di transizione, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile possono fornire un framework per orientare l’azione strategica di leaders e aziende.

Da lista di obiettivi a framework strategico: adottare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in azienda

Nel suo libro “Net Positive” diventato ormai un “must read” per chiunque voglia comprendere meglio come aziende e brand possono contribuire ad una crescita economica sostenibile a livello globale, Paul Polman pone, tra le altre, una domanda potente e illuminante. Nel suo libro infatti l’ex CEO di Unilever invita tutti a provare a rispondere alla domanda:”Is the world better off because our business is in it?” aprendo un vero e proprio squarcio nel dibattito sul tema della “corporate sustainability”. Provare a rispondere in maniera sincera e completa a questa domanda non è semplice: si tratta di fatto di una di quelle domande che possiamo definire “powerfull question” o “domande catalitiche” (catalyst question) come le definisce Hal Gregersen Direttore Esecutivo del MIT Leadership Center che ha coniato il termine catalyst per definire "il tipo di domande che abbatte barriere mettendo in discussione certezze passate e crea nuove energie per inseguire soluzioni lungo strade non battute".  Domande che non hanno una risposta certa e precisa ma che piuttosto “invitano” al movimento, a prendere una direzione, a cominciare una discussione.

Se l’intento della domanda “catalitica” per usare l’espressione di Gregersen e di Polman è quello di invitare Global Leaders ad una riflessione profonda sulla natura delle proprie azioni (e ovviamente del proprio business), il processo che dovrebbe portare alla risposta non è poi cosi chiaro e limpido.

Come si può arrivare ad una approssimazione di “better”, tanto chiara ed evidente da fungere da indicazione generale e condivisa in termini di obiettivi, responsabilità e risultati attesi - perché poi questo chiedono le organizzazioni e le persone che le compongono?

Semplificando, nella letteratura manageriale e d’impresa e nella maggior parte delle aziende che popolano il nostro immaginario quotidiano, il criterio di cosa sia bene per un’azienda è dato dai risultati di natura economica finanziaria, traduzione ultima del successo complessivo delle operations, azioni e investimenti di un’organizzazione aziendale. Ma i risultati di continuare a identificare il “bene” o l’ottimo raggiungibile con il criterio del successo economico o del soddisfacimento delle richieste degli "shareholders" sono purtroppo sotto gli occhi di tutti: privilegiare criteri di natura economico finanziaria non ci sta portando nel migliore dei futuri possibili, ma in una direzione fortemente contraddittoria, in una fase nella quale, per la prima volta nella storia dell’umanità stiamo rischiando di compromettere in maniera definita la nostra capacità di vivere decentemente su questo pianeta per privilegiare una logica di costi- benefici fortemente incentrata sul breve termine.

Per ovviare a questa pericolosa e purtroppo consolidata tendenza ad agire con un’unica prospettiva di fondo, il framework degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile può giocare un ruolo decisivo.

Proviamo allora a capire come i 17 SDGs possono esserci d’aiuto.

Il primo passo logico-concettuale da compiere per adottare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ci è di nuovo suggerito dal libro di Paul Polman ed è sintetizzabile di fatto nel concetto di “scelte strategiche”:

Difficile o molto complesso per una qualsiasi azienda concentrare il proprio impegno su 17 obiettivi di tale portata, meglio allora selezionare e concentrare il proprio impegno su un set di obiettivi coerenti.

Coerenti nei confronti della capacità operativa o del modello di business di un’azienda ma anche coerenti tra di loro. Come abbiamo accennato in precedenza infatti, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono tra di loro fortemente interconnessi e sinergici: scegliere obiettivi legati tra di loro non può che aumentare l’efficacia e l’impatto delle nostre azioni. 

Il criterio di coerenza nella scelta degli obiettivi da perseguire è un processo di natura strategica a tutti gli effetti: praticamente tutti gli Obiettivi non possono essere raggiunti da un singolo componente di una organizzazione aziendale, ma solo dallo sforzo armonico di un’intera organizzazione, da funzioni aziendali che collaborano, da leader che perseguono uno scopo comune. 

Da questo ulteriore punto di vista la coerenza della scelta degli obiettivi da adottare deve privilegiare quella che potremmo definire la capacità operativa di un’azienda, il suo modello di business e quello che sa fare al meglio in un determinato contesto di mercato. Questo non vuol dire che gli Obiettivi devono essere perseguiti “linearmente” seguendo solo ed esclusivamente quello che un’azienda sa fare nell’immediato presente.

Tutt’altro, sono un invito a migliorare il proprio impatto positivo nel mondo, di fatto “innovando” il proprio modo di stare sul mercato ma con uno sguardo orientato al “bene collettivo”: affermazione che può sembrare teorica o fuorviante ma che riassume al meglio il concetto di rispondere all’interesse dei propri stakeholders, non solo I propri “shareholders”. 

E per il punto di vista che ci vien suggerito dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e dall’Agenda 2030 gli stakeholders sono le persone e l’ambiente, in fondo siamo tutti noi.

​Se il primo passo che suggeriamo per l’adozione integrata degli Obiettivi all’interno dei processi di presa di decisione di natura strategica di un’azienda è quello di adottare il criterio di coerenza, il secondo passo fondamentale è quello di adottare il concetto di stakeholders e di integrare nel processo di presa di decisione un’analisi approfondita degli impatti che le nostre scelte hanno su cittadini, comunità locali, ambiente e società. Ovvero tutto quell’insieme di sistemi complessi che, nella visione standard di un modello di business, non vengono considerati se non come attori marginali: ma questi attori “marginali” sono gli attori fondamentali di ogni modello economico, di ogni società. Chiedersi chi sono realmente i nostri stakeholders in una logica allargata di società e non solo di “catena del valore” può aiutarci a bilanciare le nostre scelte tenendo in considerazione gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile all’interno della nostra analisi strategica.

Se nel rispondere alla “powerfull question” posta da Paul Polman ci rendiamo conto che no, in effetti non stiamo rendendo il mondo un posto migliore per i nostri veri “stakeholders”, ecco che ci troviamo di fronte ad una prospettiva di natura strategica: scegliere che azioni intraprendere in base a nuovi criteri non solo di natura economico-finanziara determina che aziende saremo nel futuro ma anche in fondo, che leaders, individui e cittadini vogliamo essere nel nostro presente.

Inner Development Goals: una nuova prospettiva per individui e leader

Spesso dimentichiamo di sottolineare e ricordare a noi stessi che le organizzazioni di cui facciamo parte sono composte da persone come noi. Persone che spesso hanno gli stessi timori, resistenze e paure sul tema del cambiamento climatico che abbiamo noi e che una volta dentro le organizzazioni non dimenticano questi sentimenti, solo tendono a metterli da parte perché collettivamente, come organizzazioni, troppo spesso non sappiamo cambiare così in fretta come vorremmo e perdiamo di vista il contesto generale.

Nessuna organizzazione oggi può ritenersi esclusa dagli impatti presenti e futuri del cambiamento climatico, così come nessun cittadino, nessuno di noi può farlo. Questo è un altro messaggio potente e importante che è emerso con chiarezza al Summit di New York e che da anni è il filo conduttore di interventi di leader, scienziati e “global leader”. Adottare una prospettiva “science based” può aiutare le nostre organizzazioni a trovare una motivazione al cambiamento, una spinta all’adozione di nuovi criteri di scelta e di analisi che includono appunto, se non gran parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, almeno il loro “purpose” sostanziale.

Per aiutare individui, leader e organizzazioni nell’adozione degli Obiettivi e nel formulare azioni concrete a supporto nasce il framework degli Inner Development Goals. Gli Inner Development Goals (IDG) sono un’iniziativa senza scopo di lucro e open source e possono essere adottati liberamente da qualsiasi organizzazione, adattati e praticati in differenti contesti.

A differenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile gli IDG non delineano dei risultati da raggiungere ma suggeriscono quali competenze, attitudini e comportamenti dovremmo applicare per raggiungere l’obiettivo finale del “bene collettivo” o se vogliamo ritornare alla domanda di Polman, del “rendere il mondo un posto migliore grazie alla nostra attività”.

Articolati in 5 dimensioni e 23 competenze e qualità, gli IDGs sono un potente alleato di tutte quelle organizzazioni che vogliono accettare la sfida lanciata dall’Agenda 2030 e che hanno compreso l'importanza di una transizione guidata e collaborativa verso modelli di crescita e sviluppo più sostenibili

Come tutti I framework “trasformativi” gli IDGs suggeriscono un percorso di crescita e sviluppo personale che si applica sia alla dimensione individuale che a quella collettiva e organizzativa: possono essere la base e il framework di un percorso di coaching così come, idealmente, di un sistema di performance & reward. 

Adottandoli in maniera più o meno estensiva possiamo supportare un cambiamento reale nelle nostre organizzazioni, inseguendo concretamente gli Obiettivi dell’Agenda 2030 proprio grazie al fatto che perseguiamo, come sappiamo fare bene, la nostra “value proposition” di business.

In questa visione che coniuga capacità reali di un’azienda e sviluppo sostenibile sta infatti una delle grandi ulteriori intuizioni del libro di Paul Polman: possiamo essere aziende migliori, più performanti e redditizie proprio perché inseguiamo la nostra missione di rendere il mondo un posto migliore, mettendo a disposizione del bene comune le nostre reali capacità.

 

Per concludere, il nostro punto di vista come Impact è che proprio in questi ultimi 7 anni che ci separano dal 2030 anno “simbolico” identificato come l’orizzonte all’interno del quale attuare in maniera più estesa possibile gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, aziende e global leaders possono giocare un ruolo decisivo, concreto e trasformativo.

Adottare gli Obiettivi come framework strategico e non solo come “to do list”, all’interno dei propri processi di presa di decisione e gli IDG come framework di sviluppo e cambiamento individuale sono decisioni importanti. 

Il "midiware”, il collegamento tra strategia e individuo non possono che essere leader e manager ai quali spetta il compito, non banale, di creare le condizioni perché questo cambiamento di visione e pratica verso il “better” di cui parla Polman sia reale e duraturo, dando così alle organizzazioni aziendali che sapranno attuarlo un enorme vantaggio competitivo nel generare un impatto positivo per le generazioni presenti e quelle future.

Scritto da Matteo Villa, Senior Consultant per la Sostenibilità, Impact Italia